La vita del cistercense

„L’uomo in convento vive in modo più puro, cade raramente, si rialza prima, cammina con più prudenza, riposa più sicuro, più spesso riceve la rugiada celeste, si purifica più in fretta, muore con più fiducia, riceve una ricompensa più abbondante”

San Bernardo

Queste parole di san Bernardo, nella realtà odierna sono ancora attuali? In un certo senso di sicuro! Dal punto di vista del soprannaturale il convento è uno spazio in cui condurre una vita retta. È un luogo benedetto in cui si realizzano i desideri che Dio ha deposto nel cuore dell’uomo. Lo Spirito di Dio continua a suscitare le vocazioni alla vita cistercense, secondo la Regola di san Benedetto e sotto la cura del’abate.         

Come è la nostra vita? Siamo veramente felici? 

Oltrepassando la soglia del convento lasciamo dietro a noi il mondo con tutto ciò a cui eravamo legati, non perché lo disprezziamo, ma per vivere liberi e deporre tutto ciò in Cristo e con la sua grazia essere nel mondo testimoni della speranza.               

Con il cuore vogliamo imitare il Salvatore, Amico e Fratello attraverso la vita secondo i consigli evangelici di castità per il Regno, povertà per testimoniare che Dio è il valore supremo; obbedienza, per compiere solo la Volontà del Padre in unione con Gesù. Facciamo anche voto di stabilità, e questo esige da noi un amore oblativo verso i fratelli e forma al senso della fedeltà e responsabilità per la via comune. 

Decidendosi alla vita religiosa da giovani, con tanto zelo, energia, e tanti progetti, non ci si condanna alla solitudine. Al contrario – ci buttiamo nel cuore stesso della Chiesa che serve, pronti ad andare laddove ci chiamerà Cristo.               

Il messaggio più rivelante della Regola secondo la quale viviamo è la necessità di guardare costantemente a Gesù e di andare verso di Lui. Lo mettiamo in pratica attraverso la preghiera e il lavoro di tutti i generi. Cerchiamo di vivere nell’amicizia con Dio e usare i talenti che il Creatore ci ha donato, secondo le necessità della Chiesa e le esigenze dello spirito dell’apostolato.  L’Abbazia di Wachock, localizzata nella pianura del fiume Kamienna, ai piedi delle Montagne Swietokrzyskie, tra i boschi, divenne nostra casa. Dio ci ha chiamati da diverse parti della Polonia e noi abbiamo ripetuto con Maria il nostro “fiat”, mi sia fatto secondo la tua parola.      Abbiamo le storie di vita diverse, come diversi sono la nostra età, carattere, modo di esprimersi – eppure creiamo una famiglia perché guardiamo nella stessa direzione – a Gesù povero, umile e obbediente, che non è venuto per essere servito, ma per servire.               

Il ritmo quotidiano della vita viene scandito dalla comune celebrazione della Liturgia delle Ore. Diverse volte durante la giornata interrompiamo il lavoro e ci dirigiamo verso il coro per lodare Dio con i salmi. La preghiera corale, Servizio di Dio, è il primo compito dei monaci. Il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto ai Cistercensi le seguenti parole:                   

„Nell’epoca dei Padri della Chiesa, la vita monastica veniva qualificata come vita a modo degli angeli. E come caratteristica essenziale degli angeli si vedeva il loro essere adoratori. La loro vita è adorazione. Questo dovrebbe valere anche per i monaci. Essi pregano innanzitutto non per questa o quell’altra cosa, ma semplicemente perché Dio merita di essere adorato. “Confitemini Domino, quoniam bonus! – Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia!”, esortano vari Salmi (ad es. Sal 106, 1). Una tale preghiera senza scopo specifico, che vuol essere puro servizio divino viene perciò chiamata con ragione “officium”. È il “servizio” per eccellenza, il “servizio sacro” dei monaci.” (Benedetto XVI, 09.09.2007, Heiligenkreuz, Austria)
Un po’ più avanti il Papa aggiunse: “Il vostro servizio primario per questo mondo deve quindi essere la vostra preghiera e la celebrazione del divino Officio”.               

Ogni monaco della nostra comunità intraprende il lavoro secondo le sue predisposizioni, interessi e necessità. I sacerdoti si dedicano alla pastorale della comunità parrocchiale locale, predicano, servono come confessori e padri spirituali. I fratelli religiosi accompagnano il loro servizio, hanno cura del monastero, si possono incontrare nelle portinerie, in sacrestia, nel museo, nell’orto, in cucina. Come comunità portiamo i pesi gli uni degli altri. Nella preghiera e nel lavoro abbiamo fiducia nella presenza di Gesù in mezzo a noie nell’intercessione di Maria, alla quale ci offriamo totalmente. Tra le occupazioni ordinarie, troviamo anche tempo per gli hobby, musica, lavoro scientifico o ricreazione del parco del monastero.               

Entrando nell’Abbazia realizziamo una vocazione unica; il pensiero di Dio riservato solo a noi. In qualche modo siamo individualisti nella realizzazione dei desideri dei nostri cuori. Lo si può comprendere meglio dalle parole di Basilio Pennington, abate trappista: “In fin dei conti non esiste un amico che ci possa capire fino in fondo e che possa fare tutta quanta la strada insieme a noi. Dobbiamo andare avanti camminando da soli, in pace con noi stessi, così come siamo e come in forza della nostra vocazione dobbiamo essere, in Dio”                               

Sei felice anche tu sulla tua strada?               
Te lo auguro con tutto il cuore! 

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